Visto che il mio ultimo post è datato 2020, non che sia secoli fa, ma…

Come folletti in viaggio
Mi rileggo in data 26 luglio del 2019:
“Il treno ha sempre il suo fascino e la sua atmosfera, da viaggio vero, ti permette di vivere il passaggio, ti fa percepire la transizione, vedi il paesaggio che scorre, veloce. Ogni mezzo ha il suo sapore e la sua velocità.
Camminare resta il mio preferito, troppe cose si perdono con tutti gli altri.
Il treno tuttavia mi piace per pensare, cullata e avvolta dal quel senso di malinconia che lo caratterizza. Mi piace la velocità del camminare, e mi piace farlo con Chris, mi piace assaporare le piccole cose, avere il tempo per vedere, per assorbire, elaborare, macinare, percepire cosa provi e viverlo.
E non è l’arrivare, l’arrivare è dolce e sofferto, (il viaggio) è anche arrivare a destinazione con pienamente te stesso. Senza perdere pezzi. Corpo mente e cuore in sincronia. Dando loro il tempo di allinearsi.
Altrimenti si corre troppo in fretta, il corpo corre, intanto la mente va avanti a tutto quello che devi fare, una cosa dopo l’altra, e il cuore… è ancora lì a realizzare che la giornata è iniziata.
Mi piace viaggiare. Mi ricorda che siamo pellegrini su questa terra e che per quanto io e Chris dovremo metter tana da qualche parte, saremo sempre in movimento. Nell’animo di sicuro.”
É un momento in cui tanti di noi hanno voglia di viaggiare, perché siamo stufi di tenere il sedere della mente tra le mura di casa. Questa idea dell’arrivare con pienamente noi stessi mi ha fatto pensare e mi sono resa conto che questa pandemia è un viaggio, e ha una velocità tutta sua. La nostra di velocità, in modi e tempi diversi, non sempre riesce ad allinearcisi, se mai qualcuno ci sia riuscito. É un continuo aggiustarsi, un precario equilibrio che io non ho ancora assorbito, elaborato o afferrato.
In questo anno sono cresciuta e cambiata tanto. Oltre le difficoltà ho avuto modo di investire in una crescita mia personale, che mi ha portato dove non pensavo, e mi accorgo che amo viaggiare, non solo per il mondo – che tra parentesi mi manca, ma anche questo sarà diverso quando si farà di nuovo.
Mi chiedo se quando la pandemia sarà finita (e mi piacerebbe sapere cosa significa “finita”) avremo fatto tesoro di qualcosa e sapremo aggiungere qualcosa a quella normalità persa e che si desidera tanto riacquistare. Mi viene in mente quell’immagine scoperta al liceo studiando il Neoclassicimo che mi è rimasta a vita dei folletti sulle spalle dei giganti. Questa meravigliosa consapevolezza che c’è qualcosa di importante già fatto e su cui si può costruire, guardando oltre, dove quelli su cui ci poggiamo non potevano arrivare e senza di loro, senza il vissuto, nemmeno noi. Non si tratta di rinnegare quanto è stato raggiunto, ma di (r)aggiungerne altre facendo tesoro di quanto già vissuto, fatto, scoperto, espresso. Forse al momento ci sentiamo più folletti con sulle spalle dei giganti. Mentre ci facciamo i muscoli può essere difficile guardare oltre.
É un viaggiare a velocità diverse. É un viaggiare per certi versi lento al momento. Riusciremo a viaggiare insieme senza correre tutti allo stesso modo?
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